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Su Padre Lino da Parma (Editrice velar, maggio 2018)
L’ultima edizione di Padre Lino da Parma, curata da Lorenzo Sartorio e Luca Molinari (Editrice Velar), ha diversi meriti. Il promo è quello di riconsegnarci la figura del già venerabile Frate che non ha mai abbandonato i cuori e la memoria dei cittadini parmensi, da sempre devoti alla mistica figura; il secondo è quello di far circolare nelle “asfaltate”, ma che vorremmo “asettiche”, strade di oggi il Suo esempio di generosità, solidarietà, fratellanza attraverso storielle che sconfinano nella leggenda. Ma sono storie vere come quei viottoli polverosi che calpestava con i suoi sandali, macinando chilometri al giorno per recare soccorso ai più poveri, agli emarginati. E ai quali si dedicherà fino all’ultimo Suo respiro. Nato a Spalato nel 1866, morirà, infatti, a Parma nel 1924, nel pastificio dei Barilla dove si era recato per chiedere l’ennesimo gesto di solidarietà. Padre Lino viene definito nel testo dagli autori, un “ponte” tra la Parma “bene” e quella dell’oltretorrente, ma anche e forse soprattutto un “ponte” tra la terra e il Cielo, tra gli uomini e Dio, tra la sofferenza e la Carità di cui si alimenta la Chiesa, come riconosce Paolo VI quando, nel 1967, nel discorso ai superiori provinciali dei Frati Minori provenienti da tutto il mondo, eleva, tra i tanti santi, a esempi da seguire San Francesco e il quasi sconosciuto frate Lino da Parma. Un “ponte” tra passato e presente, invece, rappresenta questa edizione con le sue belle numerose illustrazioni che permettono anche al forestiero, a chi come me non avrà mai la possibilità di oltrepassare le alte mura del carcere, la bellezza dei luoghi in cui ha vissuto Padre Lino. E così è possibile scorgere la chiesa della ss. Annunziata com’era e com’è, in una bellissima foto che sembra catturare quel “calore” cristiano che la anima all’ora del tramonto, ovvero la pace che si respira nel chiostro e in tutte quelle stanze abitate dal Frate. Locali nei quali riposava davvero poco, diviso com’era tra i corridoi del carcere dei minori, degli adulti o per quelle contrade in cui solo la Sua autorevolezza riusciva a portare la calma. Erano tutti suoi figli, specialmente i più “cattivi”, che quasi miracolosamente gli obbedivano mansueti, perché lo amavano. Come non amarlo d’altronde visto il bene incessante e indiscriminato che riversava nei cuori e nelle bocche di tutti coloro che incontrava sulla Sua strada, quando non erano le celle delle carceri o le aule dei tribunali penali. Tanto e di più ci regalano queste benvenute pagine di storia ma una storia d’amore, che rende tutti uguali e fratelli. Rispetto all’edizione di Enrico Bevilacqua del 1926, Fioretti di frate Lino da Parma, inoltre, questa aggiunge particolari inediti, più dettagliati. Come sul breve periodo che Alpinolo Ildebrando Umberto Maupas trascorse arruolandosi nella Guardia di Finanza e il suo immediato abbandono per il ritorno alla vita religiosa; ovvero quando, nascondendo dentro l’ampio saio un neonato, come uno spericolato “contrabbandiere”, riuscì a riporlo per poco nelle braccia del padre che non aveva potuto assistere al parto perché detenuto. Atti di Coraggio e Misericordia che odorano di santità più che di ribellione all’ordine costituito.. Un ordine valido, come sempre, più per i poveri e bisognosi che per coloro che erano al potere, come dimostrano le diverse insurrezioni dei cittadini di Parma a cavallo dell’Ottocento. Una nota critica, forse, potrebbe essere mossa dall’assenza di una esaustiva bibliografia relativa alle fonti consultate, che renderebbe più autorevole l’opuscolo. Per il resto, si distingue per la facile e rapida lettura, e la conclusione che apre ad una sentita numerosa attesa: a quando Padre Lino Santo? Già proclamato venerabile nel 1999 da Giovanni Paolo II, non resta che attendere il riconoscimento ufficiale a santo da parte della Chiesa, come lo è già per “acclamazione popolare”.
Un detenuto nel carcere di Parma 1 giugno 2018