San Colombano

3.50 

San Colombano

Evangelizzatore dell’Europa

Nel nostro immaginario collettivo siamo soliti pensare che i diversi territori dell’Italia e di gran parte dell’Europa siano stati evangelizzati nell’Alto Medioevo da missionari inviati da Roma come ad esempio Sant’Agostino di Canterbury, o al più da Bisanzio come fecero i due fratelli Cirillo e Metodio o dal vicino Oriente sulle orme di San Paolo. Ma questa convinzione non è del tutto vera. San Colombano, irlandese, nelle sue peregrinazioni missionarie giunse ad evangelizzare i pagani di alcune regioni della Gallia, della Svizzera e in Italia il popolo longobardo.

 

Pagine

48, illustrate

Formato (cm)

12×20,5

Copertina

brossura

ISBN

9788866712268

Autore

Gianluigi Panzeri

Numero collana

468

Recensioni

  1. Flavio Conte

    A seguito delle invasioni barbariche protrattesi fino al V secolo, l’Europa era caduta in un processo non solo di rovina materiale, ma anche di smarrimento spirituale. E’ in questo contesto che giungono dall’Irlanda monaci come San Colombano, animati da una fede incrollabile, che iniziano un processo di ricostruzione di eremi, abbazie e ospedali e provvedono alla bonifica di terre paludose e incolte.
    Colombano, (Colum Ban in gaelico, “Colomba bianca”) nasce poco dopo il 540 nel sudest dell’Irlanda; a 20 anni, avendo chiesto a una monaca di grande saggezza cosa fare della propria vita, questa gli indica di “fuggire dal mondo”. Viene accolto nell’abbazia di Cluane Inis e poi nella grande abbazia di Bangor, dove diviene sacerdote. Molto tempo dopo, nel 590 all’età di 50 anni, Colombano inizia la peregrinatio pro Domino, secondo la tradizione monastica irlandese; parte insieme ad altri 12 compagni per evangelizzare e fondare altri nuclei monastici.
    Questa peregrinazione porterà Colombano in diverse regioni d’Europa giungendo infine in Italia. Intorno al 590, crescendo la fama di santità di questo gruppo di monaci e il numero dei discepoli e delle vocazioni, edifica in Borgogna (Francia) tre monasteri: Colombano risiede a Lexeuil, ove resta per quasi 20 anni e da dove dirige i tre monasteri con i suoi priori. Questi monasteri diverranno ben presto centri dell’irradiazione monastica e missionaria di tradizione irlandese sul continente europeo. Proprio a Lexeuil scrive due regole, la Regula monachorum e la Regula coenobialis e il Paenitentiale. Le Regole, piuttosto severe, fondano la vita monastica sul lavoro e sulla preghiera, ma anche su pratiche ascetiche e penitenza. Prevedono anche la consuetudine della lettura e scrittura quotidiana: vengono creati gli scriptoria, per copiare e preservare gli antichi testi, non solo religiosi. Queste due Regole, per un certo periodo di tempo, sono più diffuse in Europa di quella di San Benedetto, meno severa e che nell’VIII secolo prenderà il sopravvento anche nei monasteri colombaniani.
    Questi monaci, intransigenti e severi con sé stessi e con il prossimo, godono della stima di tutti, ma, con il progressivo radicarsi dei monaci nella regione, questa armoniosa sintonia viene interrotta. Infatti Colombano continua a voler applicare l’uso irlandese secondo il quale qualunque territorio evangelizzato da una fondazione monastica deve restare autonomo ed indipendente, negando ai vescovi locali qualsiasi potere. Inoltre pratica la confessione privata e reiterabile, una novità, dal momento che fino ad allora, nella chiesa latina continentale, la confessione veniva praticata solo per colpe gravi, in forma pubblica o una sola volta all’avvicinarsi della morte. Per tutto questo e anche a causa di contrasti con la Regina Brunechilde, viene esiliato con i suoi primitivi compagni e imprigionato a Besançon. Riescono a fuggire e a raggiungere i paesi della Mosella e del Reno, sollevando ovunque grande entusiasmo e suscitando vocazioni.
    Nel 612 Colombano decide di recarsi a Roma per visitare, in segno di sottomissione e obbedienza, la

    tomba di San Pietro. Lungo il cammino il suo discepolo Gallo è costretto a fermarsi perché ammalato: un secolo dopo, sulla sua tomba, verrà edificato uno dei più importanti monasteri dell’occidente, la famosa abbazia di San Gallo, nei pressi del Lago di Costanza. Giunto nel Nord Italia, occupato dai Longobardi, il Re Agilulfo gli offre una vecchia chiesa dedicata a San Pietro, in Val Trebbia, alla confluenza del torrente Bobbio, dove poter costruire
    un nuovo monastero, che sarà l’ultimo fondato direttamente da Colombano.
    L’austero abate Colombano qui muore l’anno dopo, il 615, all’età di 75 anni, il 23 novembre, giorno in cui ora si celebra la sua festa liturgica. L’agiografia gli attribuisce numerosi miracoli quando era ancora in vita. Il suo messaggio si concentra in un fermo richiamo alla conversione e al distacco dai beni terreni in vista della preziosa eredità eterna. Con la sua vita ascetica e il suo comportamento senza compromessi di fronte alla corruzione dei potenti, egli evoca la figura severa di San Giovanni Battista. La sua austerità, tuttavia, non è mai fine a se stessa, ma è solo il mezzo per aprirsi liberamente all’amore di Dio e corrispondere con tutto l’essere ai doni da Lui ricevuti.
    La sua urna si trova nella cripta dell’abbazia di Bobbio, insieme a quella di alcuni abati, suoi successori. Il monastero di Bobbio diventerà uno dei centri più attivi della cultura teologica e letteraria nell’Alto Medioevo, paragonabile a quello più famoso di Montecassino, con una biblioteca che, nel X secolo, è la più importante d’Italia. Ospiterà fino a 150 monaci e sarà anche uno dei più grandi monasteri d’Italia con estensione su ampie zone del Nord Italia comprese, tra le tante, San Colombano al Lambro e i Piani di Bobbio nel lecchese.
    Papa Benedetto XVI lo ha definito “santo europeo”. Infatti San Colombano stesso scrive, in una lettera a Papa Gregorio Magno, che gli europei devono essere un unico popolo, un “corpo solo” che viene unito da radici cristiane in cui le barriere etniche e culturali vanno superate. Ottimo il lavoro di Gianluigi Panzeri nel volumr della VELAR.

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